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ANATOCISMO

 
 

L'anatocismo rappresenta una delle problematiche più diffuse che coinvolgono i contenziosi, specie tra la banca e i propri clienti.
Si tratta di quel fenomeno per il quale gli interessi maturati nel conto corrente bancario vengono addebitati nel conto medesimo, divenendo una somma sulla quale successivamente maturano ulteriori interessi.
Tale prassi è stata ritenuta illegittima dalla Corte di Cassazione dal 1999, ma è stato successivamente autorizzato per legge a determinate condizioni: in particolare la delibera CICR del 9.2.2000 ha fissato il principio per cui sono valide le pattuizioni del contratto bancario che prevedano l'anatocismo purché vi sia la stessa periodicità nella capitalizzazione degli interessi attivi e quelli passivi. Resta il fatto che si tratta di un istituto sul quale permane una forte conflittualità: cerchiamo di capirne le ragioni.

 
 







                       


Definizione di anatocismo
Dal profilo generale il nostro codice civile vieta all'art. 1283 c.c. l'anatocismo: la regola generale, valevole per ogni rapporto e non solo per quelli bancari, è infatti quella per cui gli interessi maturano sul solo capitale dovuto e non anche sugli interessi precedentemente maturati. Tale previsione, in particolare, prevede che gli interessi possano maturare su altri interessi (appunto questo è il significato di anatocismo), salvo usi contrari, solo dal giorno della domanda giudiziale o come conseguenza di un accordo successivo alla scadenza di tali interessi e purché si tratti di interessi dovuti per almeno sei mesi.
In caso contrario, gli interessi possono essere conteggiati solo sul capitale scaduto.


 
 


Definizione di anatocismo bancario
Nei rapporti bancari e anzitutto nei conti correnti le banche, nonchè la giurisprudenza almeno fino al 1999, ritenevano che in tali rapporti vi fosse un "uso normativo" che consentisse un'eccezione alla regola generale fissata dall'art. 1283 c.c.
La previsione, infatti, vieta l'anatocismo salvi però gli usi contrari.

       
 
               

 
 

Il cambio di orientamento a far data dal 1999 in tema di anatocismo bancario ha avuto come conseguenza di ritenere tale prassi illecita: se quel comportamento prima era ritenuto un uso che consentiva l'anatocismo bancario, da quel momento in poi è stata ritenuta una pratica scorretta.
La conseguenza è evidente: i conti correnti, anche per i periodi precedenti a tale cambio di orientamento, contenevano una capitalizzazione che non si poteva fare e, dunque, avevano in definitiva un saldo che del conto corrente bancario non corrispondeva a quello correttamente calcolato. Questo in definitiva è il significato di anatocismo bancario.

 
 




     


Gli interventi successivi al 1999
Proprio per l'evidente impatto di tale cambio di orientamento della giurisprudenza anche sui rapporti precedenti, con il d.lgs. 4 agosto 1999 n. 342 (Governo D'Alema) si è intervenuti proprio in tema di Anatocismo Bancario venendo incontro all'interesse delle Banche prevedendo, all'art. 25, la possibilità di un anatocismo da parte dei contratti futuri: infatti, veniva delegato il CICR a stabilire "modalità e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attività bancaria, prevedendo in ogni caso

 
 

che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicità nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori"; in passato, invece, l'uso era quello per cui gli interessi attivi si capitalizzavano annualmente e quelli passivi trimestralmente.Dall'altro, poi, il d.lgs 4 agosto 1999 n. 342 è intervenuto sanando anche la situazione previgente. Su tale ultima parte dell'intervento normativo è però intervenuta la Corte Costituzionale, che con sentenza 17 ottobre 2000 n. 425 (è consultabile sul sito della Corte Costituzionale) ha dichiarato l'incostituzionalità per eccesso di delega di tale previsione di sanatoria.
Dunque, in definitiva, per i contratti precedenti alla modifica del 1999 il problema dell'anatocismo bancario continua a porsi: in modo indiscutibile per gli interessi capitalizzati prima dell'intervento legislativo e della delibera CICR e in modo più problematico per quelli successivi.

 
 

La situazione oggi
In realtà molto più recentemente vi è stata un'ulteriore modifica della disciplina dell'anatocismo bancario. L’art. 120 TUB (Testo Unico Bancario) è stato modificato a opera dell’art. 1, comma 629, l. 27 dicembre 2013, n. 147, (Governo Renzi) che ha eliminato l'anatocismo bancario dato che dal 1 gennaio 2014 il CICR è tenuto a prevedere che “gli interessi periodicamente capitalizzati non possano produrre interessi ulteriori che, nelle successive operazioni di capitalizzazione, sono calcolati esclusivamente sulla sorte capitale”.




                   

 
 

Quindi, per i contratti conclusi successivamente all’entrata in vigore di tale disposizione dovrebbe valere nuovamente l’indicazione della giurisprudenza per la quale la previsione contrattuale di anatocismo bancario è illegittima: perché si tratterebbe di una clausola contraria all'art. 1283 c.c. e anche all'art. 120 TUB come modificato.
Si pone invece il dubbio di quali possano essere le conseguenze di tale regola concernente l'anatocismo bancario sui contratti in corso: certo vale il principio tempus regit actum, per cui chiaramente il contratto che preveda l'anatocismo e che sia stato stipulato nel vigore della delibera CICR 9 febbraio 2000 resterà valido e produrrà effetti sicuramente fino al 31 dicembre 2013.
Per il periodo successivo potrebbe invece applicarsi la regola dell'invalidità sopravvenuta (analogamente a ciò che fa la Cassazione per l'usura sopravvenuta dei contratti stipulati prima della riforma del 1996), vale a dire una invalidità diretta a rendere inefficaci gli effetti del contratto solo per il periodo successivo alla modifica legislativa. Il significato dell'anatocismo bancario oggi è appunto che dal 1 gennaio 2014 non potrebbero più calcolarsi gli interessi anche sui precedenti interessi capitalizzati pur in un rapporto che legittimamente avesse una clausola che prevedeva l'anatocismo bancario.


 
 



USURA BANCARIA

 
 

Il problema dell'usura bancaria è rilevante e consiste nel fornire prestiti a tassi di interesse elevati considerati illegali e socialmente riprovevoli, ma più precisamente è definito usurario il tasso di interesse sulle operazioni di finanziamento che supera le soglie stabilite dalla legge che riconnette, quale conseguenza della violazione del divieto di applicare tassi usurai, sanzioni amministrative civili e penali per coloro i quali se ne rendano responsabili.

 
 


L'usura bancaria
La materia è disciplinata, oltre che dall’art. 1815 c.c., dalla legge 7 marzo 1996 n. 108, la quale ha altresì modificato l’art. 644 c.p. che disciplina il reato di usura, nonché dalla legge 28 febbraio 2001 n. 24 di conversione del D.l. 29 dicembre 2000 n. 394 e dalla legge 12 luglio 2011 n. 106 di conversione del D.l. 70/11.
In pratica ogni 3 mesi la Banca d’Italia, proprio al fine di valutare l’esistenza di usura bancaria, stabilisce il tasso di interesse massimo, detto ‘tasso soglia’, che le banche possono applicare ai loro clienti all’atto dell’accensione di un rapporto di finanziamento (fido, mutuo, leasing, apertura di credito o altro), mediante un complesso meccanismo di calcolo.

        




        

 
 

Per determinare se vi sia usurarietà degli interessi diviene peraltro determinante valutare quali oneri vadano inclusi per il raffronto con il tasso soglia: solo gli interessi convenzionali? anche le penali e le spese? anche gli interessi moratori possono essere usurari? ed in tal caso, valutati separatamente o occorre sommare il tasso convenzionale con il tasso di mora? Recentemente la giurisprudenza ha ritenuto che tutte queste voci di costo debbano essere consiuderate così ampliando il fenomeno dell'usura bancaria.

 
 

  
 
         


Tipologie di usura bancaria

Per la determinazione dell’usura (originaria) occorre fare riferimento al momento della sottoscrizione del contratto. Se il tasso soglia è violato si applica l’art. 1815 c.c. che sancisce la nullità della relativa clausola e la conseguente non debenza di alcun interesse da parte del cliente: il prestito concesso diventa in sostanza a titolo gratuito e il cliente può agire per la ripetizione di tutte le somme versate a titolo di interessi, spese e competenze.

 
 

L’usura bancaria sopravvenuta, invece, si verifica quando il contratto prevede un tasso di interesse non usurario al momento della stipula (perché stipulato prima della L. 108/1996 o perché conforme al tasso soglia vigente in quel momento), ma che è divenuto tale nel corso del rapporto a seguito della variazione dei tassi soglia di cui ai citati decreti ministeriali. In questi casi, generalmente si indica che sorgerebbe un mero obbligo di rideterminazione degli interessi entro i limiti della soglia: sostanzialmente il cliente avrebbe diritto alla restituzione soltanto della differenza tra il tasso applicato e il tasso soglia e solo per il periodo di superamento.
Dal profilo penalistico la fattispecie base dell’usura bancaria distingue per la mera predeterminazione normativa di un tasso soglia per ogni tipologia di finanziamento e operazione di credito al di sopra del quale l’interesse diventa usurario e questa fattispecie viene definita usura oggettiva.

 
 


Rilevanza penale
Non essendo più richiesto il requisito dell’approfittamento dello stato di bisogno, il delitto di usura si perfeziona ogniqualvolta la Banca superi il tasso stabilito dalla legge.
In ogni caso, anche senza il superamento dei predetti tassi soglia, la Banca commette usura ogni volta che applichi dei tassi, anche se inferiori al limite stabilito dalla legge che, comunque, avuto riguardo alle concrete modalità del fatto e al tasso medio praticato per operazioni similari, risultino
sproporzionati rispetto alle prestazioni di denaro quando chi li ha dati o promessi approfitti delle condizioni di difficoltà economica o finanziaria nelle quali si trovi chi li ha richiesti o ricevuti. In questo caso la norma mira a tutelare il patrimonio delle persone in situazioni di difficoltà economiche o finanziarie.




      
           

 
 
 
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