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Il Tribunale di Catania, adito ai sensi dell’art. 709 ter c.p.c., ha condannato il genitore che si era reso inadempiente nel corrispondere il mantenimento e nelle frequentazioni con la figlia, incorrendo così nelle misure punitive indicate dalla legge, che vanno dalla semplice ammonizione, alla sanzione amministrativa e al risarcimento del danno nei confronti del minore e dell’altro genitore.
La disposizione, introdotta ex novo dalla legge n. 54/2006, prevede che in caso di gravi inadempienze o atti che comportino un pregiudizio per il minore, il giudice può in primo luogo modificare i provvedimenti in vigore (ad esempio modificando l’affido condiviso in affido esclusivo), e comunque disporre una serie di misure sanzionatorie.
Nel caso esaminato dal Tribunale siciliano, il padre già da quattro anni aveva cessato di corrispondere l’assegno di mantenimento e di contribuire alle spese straordinarie per la figlia. Inoltre lasciava trascorrere mesi interi senza cercare la figlia, non ottemperando con regolarità al diritto-
Il Collegio ha ritenuto di emanare i provvedimenti sanzionatori previsti dall’art. 709 ter c.p.c. perché le inadempienze accertate, a causa del protrarsi nel tempo, sono state considerate “gravi” e tali da arrecare un sicuro “pregiudizio” alla figlia minore, sia per la mancanza di mezzi economici di sostentamento sia per la privazione di ogni forma di assistenza morale e materiale, causato dal disinteresse del padre.
Il provvedimento contiene quindi sia l’ammonimento e l’invito ad astenersi in futuro da condotte qualificabili di violazione delle prescrizioni contenute nel decreto di omologa della separazione, sia la sanzione amministrativa pecuniaria della somma di 1.000 euro.
Quanto al risarcimento del danno, il Tribunale specifica che in questo caso si tratta di danno non patrimoniale ex art. 2059 c.c. per la violazione di valori fondamentali quali il rispetto della persona umana e il dovere di solidarietà familiare, anche se non ricorrono gli estremi di un reato (crf. Trib. Modena n. 1425/2012). Il risarcimento pertanto è stato quantificato in via equitativa nella somma di 6000 euro, di cui 3000 per la figlia e 3000 per la madre.