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La sentenza, decidendo su un caso di revoca di ammissione al gratuito patrocinio per manifesta infondatezza della pretesa azionata, ha sancito il diritto del convivente a richiedere il risarcimento dei danni per la violazione degli obblighi familiari derivanti dall’unione di fatto.
Il caso riguarda una coppia di Treviso, che intrattiene una stabile relazione dalla quale nasce un figlio. Ad un anno dalla nascita del bimbo, l’uomo, disattendendo la promessa di matrimonio fatta alla donna, la lascia per intraprendere un'altra relazione sentimentale, privando la compagna ed il figlio, della necessaria assistenza morale e materiale.
La donna allora si rivolge al Tribunale, mediante il patrocinio a spese dello Stato, per ottenere dall’ex compagno il risarcimento del danno per violazione degli obblighi familiari, ma il giudice revoca l'ammissione al patrocinio ritenendo che la pretesa fatta valere fosse manifestamente infondata perché la ricorrente non aveva la qualità di coniuge.
Contro l’ordinanza del Tribunale di Treviso, si ricorre in Cassazione e la Suprema Corte dà ragione alla donna disponendo che il giudice di primo grado effettui un anuova valutazione del caso.
La sentenza richiama due pronunce del 2003 (Cass. Civ. n. 8827/2003, n. 8828/2003 e C. Cost. n. 233/2003) che hanno segnato un momento significativo nel riconoscimento di quelle situazioni soggettive relative a perdite non patrimoniali subite dalla persona, per fatti illeciti che causano un danno ingiusto e per la lesione di valori costituzionalmente protetti o tutelati da leggi speciali.
Poiché il danno non patrimoniale è risarcibile non solo nei casi individuati ex ante dalla legge, sarà il giudice a indagare caso per caso se sussista la lesione di valori della persona costituzionalmente protetti meritevoli di tutela.
Con riguardo alla tutela della famiglia, la Cassazione rileva che i componenti della coppia hanno diritto a ricevere tutela e riconoscimento prima ancora che come coniugi, come persone, sulla base della previsione di cui art. 2 Cost. che riconoscere e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui si svolge la sua personalità.
La Corte evidenzia poi come la rilevanza che sta acquisendo nel nostro ordinamento la famiglia di fatto, non fondata su un contratto matrimoniale, ma su una libera scelta di convivenza caratterizzata dalla stabilità e dalla solidarietà, comporta la riconoscibilità del diritto al risarcimento del danno per la violazione degli obblighi familiari in ipotesi di persone unite dal solo vincolo di convivenza, quando la lesione rientra nella categoria dei diritti fondamentali della persona, a prescindere dal tipo di unione al cui interno detta lesione si sarebbe verificata (Cass., sentenza n. 4184/2012). Altre pronunce, a partire dalla sentenza n. 9801/2005, hanno esteso anche alla convivenza prematrimoniale la responsabilità per la violazione degli obblighi di lealtà, correttezza e solidarietà. Recentemente la Cassazione ha attribuito rilevanza alla condotta prematrimoniale per l’emissione della pronuncia di addebito della separazione (Cass. Civ. n. 15486/2013).
In questo senso sta andando la legislazione italiana e la giurisprudenza, come pure la Convenzione Europea dei diritti dell'uomo, che tutela (art. 8) il diritto alla vita familiare, dove per famiglia deve intendersi, secondo la Corte EDU, non solo quella basata sul matrimonio, ma anche l’unione di fatto.